Un diniego di condono ha dato luogo ad un ennesimo ricorso al Tar Puglia. Questa volta però i Giudici amministrativi bocciano la strategia difensiva del privato che, con ripetute istanze di accesso, aveva chiesto copia di numerose pratiche edilizie relative ad altri immobili al fine di dimostrare presunte irregolarità e/o un diverso trattamento da parte del Comune rispetto alla sua situazione.
Stiamo parlando di una vicenda che ha assunto un notevole clamore mediatico e che riguarda un presunto abuso edilizio realizzato al piano terra di un edificio ricadente nella zona Parco del Lauro, su un’area destinata a verde pubblico.

Il proprietario è convinto di poter dimostrare che il Comune ha utilizzato due pesi e due misure, ma il Tar ha dato una lettura diversa e con sentenza n. 963/2019 (Pres. Scafuri, Rel. Allegretta) ha ritenuto che “questa attività del ricorrente finalizzata ad acquisire in maniera sistematica le pratiche edilizie riferite al piano particolareggiato denominato “Parco del Lauro”, al dichiarato fine di porre in essere una comparazione della propria posizione giuridica con quella di altri soggetti le cui proprietà rientrino nel medesimo piano, rappresenta, per ciò solo, una impostazione defensionale molto discutibile e di per sé non particolarmente funzionale alle logiche intrinseche della difesa tecnica in giudizio.
È infatti evidente che non sussista alcun obbligo affinché due situazioni, ancorché molto simili, debbano necessariamente essere trattate in modo assolutamente identico dalla medesima Amministrazione che ha il compito istituzionale di occuparsene.
Acquisire, pertanto, materiale documentale funzionale alla ipotetica dimostrazione di una eventuale disparità di trattamento può non dire ancora nulla sul fronte della legittimità dell’attività posta in essere dall’ amministrazione nel caso che possa riguardare un singolo interessato.
Su tali presupposti, l’attività di intenso accesso documentale posta in essere dal L’Abbate, oltre che defatigatoria per gli Uffici del Comune di Polignano a Mare, rischia di essere del tutto inutile in chiave defensionale, non potendosi in alcun modo essere certi di poter rilevare nel caso in esame una disparità di trattamento giuridicamente rilevante ed apprezzabile a fini di difesa dei legittimi interessi del ricorrente, peraltro vertendosi in una materia, quella edilizia nell’ambito della quale è ontologicamente impossibile rinvenire due situazioni esattamente identiche”.


Il Tar ha condannato l’arch. L’Abbate al pagamento delle spese nei confronti del Comune, liquidandole in euro 2.000,00 oltre accessori di legge.

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